"E se anche
avessi comperato tutte quelle cose e mi fossi rovinato e la mia bella mi avesse
piantato, passerei ancora qualche volta per la strada dei negozi. Mi metterei
davanti alle merci in mostra, guarderei attraverso le vetrine, fiuterei legni
preziosi, palperei tessuti delicati ed eserciterei la mia abilità nelle
centinaia di giochi di pazienza e di scherzi, riportandone la gioia per gli
occhi che l’Oriente offre e alla quale unicamente è rivolto. Tutto ciò che si
può avere pagando qui in Asia è sospetto, dal letto al cibo, dal servitore al
cambio di valuta, ma tutt’intorno splendono inesauribili la dovizia e l’arte
dell’Asia, insidiata, derubata, minata e violentata, forse già brutalmente
fiaccata e forse in agonia, eppure anche così sempre più ricca e più varia di
quanto possiamo sognarci in Occidente. In ogni luogo fanno mostra di sé tesori,
tutti a disposizione di colui che sa trovarvi la gioia per i propri occhi, poiché,
che io comperi per cento dollari o per diecimila, in cambio di tutto quel
denaro ricevo solo una piccola, singola cosa che forse fra non molto deluderà,
e dell’immagine dei tesori accumulati, dell’immenso variopinto splendore del
bazar asiatico posso portarmi in Occidente solo un riflesso nella memoria. Se,
tornato a casa, aprissi una o dieci casse piene di oggetti cinesi e indiani,
sarebbe come se del mare portassi con me una o venti bottiglie piene d’acqua:
ne portassi anche cento barili, non sarebbe mai il mare"
Dall'India
Hermann Hesse
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